Antropologia culturale vs antropologia fisica… qual è la differenza?
Beh, l’antropologia culturale osserva da vicino tutto ciò che facciamo noi esseri umani, come lo facciamo, perché lo facciamo, perché pensiamo di farlo, o perché lo facciamo senza pensarci, le storie che ci raccontiamo, come vediamo, abitiamo e viviamo il mondo; dopodiché prende tutto e lo confronta con altri studi, osservazioni e lavori fatti da qualche altra parte, in un altro contesto, vicino o lontano, nel tempo o nello spazio, per cercare di capire sempre di più su ciò che ci rende umani.

L’antropologia fisica, o biologica, studia invece l’evoluzione dell’essere umano dalla sua comparsa sulla Terra per ricostruire ciò che, fisicamente, ci ha reso gli esseri umani che siamo, per esempio analizzando reperti di umani e ominidi. Insomma, spolverano ossi, ma gli vogliamo bene lo stesso (iperbole ndr).

Se quindi l’antropologia culturale è più vicina a scienze sociali come la psicologia e alla… brr… sociologia… l’antropologia fisica è più vicina alla biologia e all’archeologia.

Ma venendo al titolo-clickbait: cosa significa che non discendiamo dalle scimmie?
No, non ce l’ho con Darwin o con Wallace (che comunque sono stati ampiamente superati dalla genetica e dalla biologia evoluzionista attuale) né sto attaccando la teoria dell’evoluzione, anzi, l’idea è proprio di renderla più chiara, sfatare qualche credenza comune e rifletterci un po’ su.

Per prima cosa, la rappresentazione della nostra evoluzione cui siamo abituati:

Specie tutte in fila che marciano verso il futuro, ossia il progresso, rigorosamente da sinistra verso destra, come il modo di leggere occidentale vuole (partiti di sinistra di tutto il mondo: mi spiace, quella volta hanno scelto il lato sbagliato della stanza). Questa è una rappresentazione errata e ci induce a credere che ognuna di queste australopitecine, parantropi e ominidi siano stati una tappa dell’evoluzione che ci ha portati fino agli esseri umani che siamo oggi. Insomma, che saremmo una specie di pokémon e che noi siamo l’evoluzione finale. Il Charizard dei primati. Sobrio e umile essere umano.

In realtà la storia della nostra evoluzione è fatta di bivi, biforcazioni e diramazioni, in un fiorire di numerosissime specie che seppur cugine sono spesso molto distanti tra loro. Una rappresentazione più corretta è quindi un fitto cespuglio che ha portato alla comparsa di varie specie che spesso e volentieri hanno finito per darsele di santa ragione finché la nostra, in qualche modo, non prevalse su tutte le altre, divenendo la più diffusa sul pianeta.

Ma allora perché non discendiamo dalle scimmie? Beh, per due motivi molto semplici: il primo è perché le scimmie che ci vengono in mente al suono di questa parola sono le scimmie di oggi, ed è proprio qui che sta l’inghippo: non discendiamo dalle scimmie, ma noi e le scimmie abbiamo un antenato comune.
Il secondo motivo sul nostro non discendere dalle scimmie è semplice: noi siamo scimmie!

Nonostante le numerose indicazioni scientifiche che abbiamo a disposizione, c’è ancora una certa resistenza ad accettare con serenità la nostra appartenenza al regno animale. Per cui si pongono barriere simboliche e semantiche tra noi e la natura, si trovano scuse per non vederci parte del mondo, se non come essere supremo, suo signore e padrone. (vd. antropocentrismo).

 

Per approfondire:
Giorgio Manzi 2013 “Il grande racconto dell’evoluzione umana” Il Mulino, Bologna.



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