Il termine progresso (dal latino progressus, «andare avanti, avanzare») indica genericamente processo, avanzamento di un qualsiasi fenomeno. Nell’ambito del progressismo, indica lo sviluppo verso forme di vita più elevate e più complesse, perseguito attraverso l’avanzamento della cultura, delle conoscenze scientifiche, delle conoscenze tecnologiche, dell’organizzazione sociale, il raggiungimento delle libertà politiche e del benessere economico, al fine di procurare all’umanità un miglioramento generale del tenore di vita, e un grado maggiore di liberazione dai disagi.

La religione è un costrutto sociale formato da quell’insieme di credenze, vissuti, riti che coinvolgono l’essere umano, o una comunità, nell’esperienza di ciò che viene considerato sacro, in modo speciale con la divinità, oppure è quell’insieme di contenuti, riti, rappresentazioni che, nell’insieme, entrano a far parte di un determinato culto religioso.

(le definizioni di Wikipedia, enciclopedia libera, per i termini ‘progresso’ e ‘religione’)

Già la nostra discettazione potrebbe finire qui, tenendo fede alla propria promessa di brevità: se accanto alla parola ‘religione’ la prima cosa che l’Enciclopedia Libera di Wikipedia ci tiene a specificare è il suo essere un costrutto sociale, alla parola ‘progresso’ tutto sembra essere rigorosamente chiaro: il progresso è un processo, uno sviluppo, un avanzamento, verso il raggiungimento di qualcosa. Nulla, in questa definizione, sembra suggerire che anche il concetto di progresso possa essere un costrutto sociale.

L’idea stessa di progresso – associata a una peculiare visione della storia, cioè lineare e non circolare – nasce e si sviluppa nel cristianesimo di matrice ebraica, che prefigura nella storia dell’uomo un tempo che non si limita a quello umano, ma prosegue in via retta verso un infinito trascendente con la salvezza come ultima meta.
Bisognerà attendere l’Illuminismo per pervenire a una concezione in linea retta, ma laica, della storia. È nel 1800 più maturo, però, che l’idea di progresso si conferma come orizzonte del pensiero: con la legge dei tre stadi di Auguste Comte e L’Origine delle specie di Charles Darwin, ci troviamo di fronte ad una concezione evoluzionista dell’umanità e della storia biologica. In entrambi i casi il mondo sembra propendere verso un progressivo miglioramento e un progressivo perfezionamento delle capacità degli organismi (sociali e naturali).

Dalla guerra della natura, dalla carestia e dalla morte, direttamente deriva il più alto risultato che si possa concepire, cioè la produzione degli animali superiori. Vi è qualcosa di grandioso in questa concezione di vita, con le sue diverse forze, originariamente impresse dal Creatore in poche forme, o in una forma sola; e nel fatto che, mentre il nostro pianeta ha continuato a ruotare secondo l’immutabile legge della gravità, da un così semplice inizio innumerevoli forme, bellissime e meravigliose, si sono evolute e continuano a evolversi.
Charles Darwin


Negli stessi anni, in politica, ci troviamo nell’età delle rivoluzioni: la rivoluzione francese crede nell’emancipazione della classe borghese dalla nobiltà, ritenuta colpevole della disuguaglianza dei suoi sudditi e fonda le basi per la concezione di Stato di diritto o Stato liberale, creando di fatto un’organizzazione laica tutelata da un testo sacro (la Costituzione), che garantisce ai cittadini una forma di autorità assolutisticamente determinata.

La rivoluzione francese, essenzialmente borghese, prepara il terreno all’idea più rivoluzionaria dopo il cristianesimo: se gli ultimi saranno i primi nel regno dei cieli, su questo pianeta ci sono le condizioni perché il potere giunga nelle mani della classe lavoratrice, che lo utilizzerà per ridurre le disuguaglianze fra i cittadini sul piano sociale, economico e giuridico, emancipando il proletariato dalla borghesia così come in passato la borghesia si era emancipata dalla nobiltà, facendo propri i mezzi di produzione.

Qui non si tratta dell’obiettivo che questo o quel proletario o il proletariato nel suo insieme si propone di raggiungere. Si tratta invece di ciò che è, e di ciò che in conformità a questo essere deve necessariamente verificarsi nella storia
Karl Marx

Seguendo l’idea di una linearità storica e di una tensione infinita verso il progresso, appare più che lecito abbattere le statue degli schiavisti: in un eterno presente che tende verso il futuro non c’è posto per pratiche che ci ricordano quanto eravamo involuti – e questo vale più per quelle parti del mondo in cui quella stessa storia ricade sul presente. Si noti che Alessandro Barbero ha fatto un importante lavoro di ricostruzione storica del pensiero degli americani del sud prima della guerra civile americana e l’ha trasposto poi nel romanzo Alabama. Secondo lo storico, sebbene ogni società abbia il diritto di abbattere le sue statue, la cancel culture rischia di tagliare con l’accetta i contorni della complessità del passato, obbligandoci a leggerla attraverso le lenti del presente. Per esempio, ci dice, nessuno parla di quanto alla fine del 1800 molti schiavi venissero trattati come preziosi e di come la situazione degli afroamericani liberati fu ben peggiore: andando a fornire manodopera a basso costo nelle grandi città del nord America, si misero a competere con gli immigrati di origine europea in ristrettezze economiche, facendo letteralmente esplodere il fenomeno del razzismo nelle grandi città.

L’onda lunga del concetto di progresso investe la concezione stessa dell’umanità e della storia. In ognuno di questi casi c’è uno standard e il suo superamento come punto di arrivo, e più ci si avvicina allo standard, più il punto di arrivo si allontana. La carrellata qui proposta potrebbe essere ancora arricchita: si pensi alla bulimica fame di notizie, alla spropositata dilatazione del periodo di formazione riservato alle persone in occidente (“Sei solo al tuo primo ciclo formativo”, mi ha detto un docente universitario qualche mese fa), o l’idea di performatività e competitività scolastica per la quale ci stracciamo le vesti ogni volta che al notiziario scopriamo che un giovane si è suicidato, ma che in fondo il senso comune non fa che legittimare.

In questa tensione ideale verso una perfezione tecnica rientra anche il rapporto con il corpo: il nostro, e quelli degli altri. Il corpo è scomodo. Emette odori e rumori che fanno vergognare, tradisce una nostra animalità. L’unico modo che abbiamo di accettarlo è renderlo strumento per esprimere un ideale di emancipazione: che esso sia nell’idea di benessere – benessere, non salute – piuttosto che nell’affrancamento dagli stereotipi nocivi della società. Non importa quale sia il potenziale di liberazione, l’importante è che ci sia, e che il corpo in questo processo sia ancillare, al contempo sovraesponendosi, patinato, in 2D, eliminato dalla sua componente di viscerale bestialità.

E se questo bestiale pianeta ci tradisce, con la sua imperfetta componente biologica in veloce deperimento nell’era dell’Antropocene, cosa faremo? Cos’altro addomesticheremo?

Nessuna paura: ci sono altri mondi là fuori, pronti ad accoglierci se soltanto impariamo come raggiungerli. E grazie al dominio della tecnologia scopriamo nuove fonti di energia che potrebbero sostituire quelle che si stanno esaurendo. Così la fede incrollabile in Dio si trasforma nella fede incrollabile nell’uomo e in una visione della scienza dai contorni sempre più sfumati verso la fantascienza, grazie al proliferare di fake news a cui ci piace credere. Così saltiamo a pié pari dal rigoroso metodo empirico scientifico, alla possibilità di andare a vivere su Marte, fino alla Terraformazione, seguendo sempre lo stesso principio: un limite e il suo superamento.

 

This is Ground Control to Major Tom/ You’ve really made the grade /And the papers want to know whose shirts you wear/ Now it’s time to leave the capsule if you dare
David Bowie, “Space Oddity”

 

Come dice Tommaso Ghidini (ingegnere meccanico a capo della divisione di tecnologia dei materiali e portavoce dell’Agenzia Spaziale Europea), “Chi viene a lavorare all’ESA diventa un po’ come un monaco devoto a un credo”. Ho assistito ad una conferenza di Ghidini due estati fa, a Sarzana. L’ho trovato ai limiti del fanatismo e ho rabbrividito. Ghidini non ha avuto un’esitazione, un dubbio, un momento di incertezza: esponeva il proprio lavoro all’ESA con una luce negli occhi che a me, che esercito il dubbio sistematico, pareva folle (per inciso, le cose raccontate da Ghidini sono in realtà molto affascinanti e spiegate con un’ottima capacità divulgativa).
Quello su cui voglio soffermarmi non sono tanto i contenuti esposti dall’ingegnere meccanico, quanto il sentimento cui ci ponevamo nei confronti di quei contenuti: non avevamo realmente bisogno di capire quello che Ghidini stava dicendo. Noi gli credevamo, ciecamente, perché abbiamo fede nella scienza e negli scienziati.

Secondo Daniel Kanheman, premio nobel per l’economia, l’essere umano possiede due sistemi di pensiero:

il Sistema 1 è primitivo, inconsapevole e automatico. É sempre acceso, non lo controlliamo ed è emozionale, intuitivo, impaziente, velocissimo, e molto, molto impulsivo. Può svolgere più compiti nel medesimo tempo, usa poca energia, dà immediatamente senso a qualsiasi cosa ci viene proposta e viene influenzato molto facilmente. 

Il Sistema 2 è ponderato, analitico. È, tra le altre cose, il sistema che non è risultato evolutivamente vantaggioso utilizzare.
È perciò del tutto irrazionale (sistema 1) credere che la razionalità analitica (Sistema 2) abbia sostituito il nostro modo di pensare di tutti i giorni. Così, in quella che crediamo sia una società secolarizzata, abbiamo in realtà sostituito un Dio con un altro.

Molta di questa storia ha a che vedere con la visione della tecnologia come alternativa alla risoluzione di problemi politici, nell’auspicio che il post-umano possa risolvere i problemi dell’umano. Quello che possiamo augurarci, come esseri umani, è di continuare a fare politica utilizzando la tecnologia come strumento piuttosto che fine e di essere sempre in grado di inciampare riflessivamente nella nostra cultura, guardando con giusto distacco a una serie di pratiche libertarie e progressiste di cui siamo imbevuti e che stanno assumendo tratti deliranti.

Per approfondire:
D. Kanheman – Pensieri lenti e veloci
F. Chiusi – L’uomo che vuole risolvere il futuro: Critica ideologica di Elon Musk
C. Geertz – La religione come sistema culturale
e molti altri


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